Laboratori

slide0025_image074In questa sezione del sito sono mostrati alcuni laboratori didattici per bambini da me ideati ed altri elaborati sotto la mia supervisione dagli studenti del Corso di Laurea di Scienze della Formazione Primaria e di Scienze dell’Educazione, nell’ambito rispettivamente del corso di Disegno  e di Educazione grafico-pittorica  da me tenuti.

Gli elaborati degli studenti, spesso realizzati all’interno dell’esperienza del Tirocinio, sono stati pensati come UDA (unità di apprendimento) riferiti dunque ad un contesto concreto di esperienza (con specifici obiettivi, competenze  da sviluppare, tempi, fasi, metodologie, etc.).  Significativo è stato anche il supporto operativo offerto dal Prof. Mimmo Stasio nell’ambito del laboratorio di Disegno da lui tenuto.

Lo scopo di questa sezione tematica è quello di mostrare ad insegnanti, educatori, genitori, le infinite possibilità di un avvicinamento produttivo del bambino al mondo dell’arte e dell’immagine, da realizzarsi con la felicità dei mezzi del gioco e della scoperta attiva, suggerendo metodi, tecniche e materiali atte a realizzarlo.

Per promuovere l’educazione estetica e per stimolare il pensiero creativo dei bambini, è fondamentale già nella scuola dell’infanzia l’attività del laboratorio, che può tanto essere incentrato sulla scoperta di singole opere pittoriche che sull’esplorazione di temi particolarmente importanti per lo sviluppo delle conoscenze, competenze dei bambini.

Il laboratorio per la sua stessa natura è proprio il luogo privilegiato di costruzione del pensiero creativo (vedi l’articolo sulla creatività)  perché avvicina i bambini al mondo dell’arte e al suo orizzonte metaforico, pregno di simboli, di idee, di rielaborazioni del reale che possono essere immessi  nei processi intellettuali, immaginativi e creativi dei bambini e dei ragazzi [1].

Il bambino all’interno del laboratorio può riattraversare in modo attivo l’opera, decostruendola, rielaborandola, ridefinendo, dopo averli attraversati, i suoi orizzonti di senso.

Nella scuola come in qualsiasi contesto educativo, si può  lavorare sia “per” l’immagine e l’arte, che “tramite” l’immagine. Nel primo caso si lavorerà con il fine di promuovere la conoscenza dell’immagine e dei suoi linguaggi, anche secondo quanto stabilito dai programmi ministeriali. Nel secondo caso l’immagine, per sua natura polisemantica, si presterà a lavorare al servizio di altre discipline e per stimolare la formazione di diversi stili cognitivi e forme di intelligenza. Ma entrambi gli aspetti interagiscono continuamente: è bene infatti che si utilizzi l’immagine e i suoi linguaggi in modo pertinente continuamente nella didattica ordinaria, ma anche nelle occasioni ludiche.

Il laboratorio può essere incentrato su di un’opera d’arte o su un insieme di opere tra loro legate da un particolare filo logico, che può essere l’appartenenza ad un particolare autore o movimento artistico (pop-art, informale, astrattismo, surrealismo, etc.), il tema sviluppato (la conoscenza del proprio mondo interiore, della natura, delle  stagioni, delle emozioni,  dei meccanismi percettivi, l’educazione alimentare, etc.) o il genere pittorico (ritratto, paesaggio, natura morta, astrattismo, etc.).

Oltre a stimolare il bambino alla comprensione di temi e questioni  problematiche, espressi attraverso l’orizzonte metaforico, simbolico proprio dell’arte, il laboratorio attiva da un lato una prima conoscenza del patrimonio artistico e dell’arte in generale (conoscenza dell’arte); dall’altro promuove la conoscenza dei codici,  delle tecniche, dei materiali essenziali alla produzione delle immagini (conoscenza dell’immagine tramite l’arte).

Metodologie

Comunque, dal punto di vista metodologico, diversi sono gli approcci che possono essere tenuti all’interno del laboratorio.

Se lo scopo di fondo del laboratorio è quello di promuovere una prima alfabetizzazione visiva,  insegnando ai bambini i codici delle immagini, il percorso dovrà essere necessariamente più strutturato, avendo già gli educatori in mente le linee di sviluppo dello stesso, le tappe sequenziali della lettura e conseguente smontaggio selettivo  delle opere scelte. Ovviamente innanzitutto il ruolo dell’adulto sarà quello di guidare i bambini alla lettura delle opere, dal punto di vista della struttura formale dell’immagine, comprendendone luci, ombre, colori, inquadratura, profondità spaziale, movimento, ritmi, pesi visivi,  etc. e il peso giocato nell’immagine da questi elementi nel conferimento del significato all’opera.  Il bambino apprenderà la struttura del linguaggio visivo attraverso il gioco, e, a contatto diretto con i materiali dell’arte, operando con gli stessi criteri dell’artista, potrà accedere più facilmente all’esperienza estetica, possiederà una chiave di accesso privilegiata per penetrare il suo orizzonte di senso.

A partire da quest’analisi, condotta smontando l’opera, muoverà  la seconda fase del laboratorio, quella rivolta alla sua ricostruzione, che può, anzi deve, lasciare un grande margine espressivo ai bambini, che saranno liberi di reinterpretarla seguendo le proprie inclinazioni, suggestioni.

In generale è importante, in tutti i casi, che al bambino siano dati dei vincoli, il circolo immaginativo,  la fantasia e poi l’invenzione non possono essere stimolati in assenza di una consegna precisa, come osservavano già Rodari e Munari;  da un altro punto di vista è necessario che l’insegnante nel laboratorio abbandoni il ruolo consueto di colui che trasmette conoscenze in chiave di certezze per aprirsi all’indefinito delle risposte che l’arte sollecita.

Non sarà dunque l’insegnante ad offrire al bambino la risposta su cosa voglia un’opera trasmettere, ma il significato sarà elaborato collettivamente, a partire dall’analisi della struttura formale, della tecnica usata, del materiale, anche delle conoscenze accumulate sull’artista, analisi che pian piano faranno “parlare” l’opera, i cui connotati saranno ridefiniti.

Il laboratorio ben riuscito lo si può immaginare come una sorta di danza conflittuale tra i limiti offerti dal  percorso, la cui traccia è segnata, e la  libertà di aggirarla. In questo senso anche l’animatore del laboratorio deve sentirsi libero di abbandonare la strada individuata, se in corso d’opera se ne profila una più interessante, sollecitata dall’interpretazione dei bambini, se nuove idee più feconde sono immesse nel circolo immaginativo.

Se il laboratorio invece ha lo scopo di far familiarizzare i bambini con tecniche, strumenti, materiali del fare artistico senza necessariamente porsi un obiettivo didattico circoscritto, allora il ruolo che l’adulto può rivestire corrisponde a quello delineato da Munari (si pensi ai suoi celebri laboratori tattili) che lo descrive come quello di un animatore, di una presenza discreta e poco invasiva, che deve semplicemente far si che i bambini siano incuriositi, sollecitati da una proposizione variata ed intelligente di materiali  e tecniche a monte selezionati accuratamente. Il bambino si trova immesso direttamente in una dimensione operativa, impara toccando, facendo, scoprendo le infinite qualità tattili dei materiali, i significati  che questi  trasmettono oltre l’uso, la potenzialità  evocativa che possiedono, se utilizzati nel contesto di una loro composizione artistica.

1] M. Dallari, C. Francucci, L’esperienza pedagogica dell’arte, Firenze, La Nuova Italia, 1998, pag. 160.